Nel gesto immobile, il respiro degli dei. Il ballo sta per iniziare.


A Bali la danza non è solo un’arte per pochi, ma un’eredità culturale collettiva, parte integrante della vita quotidiana e spirituale fin dalla tenera età. Non è semplice spettacolo, ma il ponte che unisce i balinesi al Divino, mantenendo l’armonia tra il mondo visibile e quello invisibile.
I bambini iniziano a studiarla già a sette anni, e a volte anche a quattro, nelle scuole di danza del villaggio, le Sanggar, sotto la guida di maestri esperti. I ragazzi, invece, iniziano a studiare gli strumenti del Gamelan, l’orchestra balinese di strumenti a percussione.
La trasmissione avviene soprattutto tramite imitazione e presenza, dove non si impara solo una tecnica, ma un modo d’intendere la vita e il sacro.
La forza espressiva della danza balinese risiede nei gesti delle mani, i mudra, nei movimenti raffinati delle dita, nel sledet degli occhi e nelle inclinazioni misurate della testa, chiamate kelok. Questi elementi insieme raccontano storie di grande profondità.
Con i loro sguardi intensi e il suono vibrante del Gamelan, i danzatori sembrano riuscire a lacerare quel velo di Māyā che li separa dalle loro Divinità, un velo illusorio che nasconde la realtà spirituale dietro il mondo materiale.
A Bali esiste una grande ricchezza di forme e stili di danza, suddivisi in tre categorie distinte per funzione e contesto.
Le danze Wali, le danze sacre, sono eseguite nei templi durante le cerimonie, non per il pubblico, ma per gli dèi. Come la danza sacra Sanghyang Dedari, che invoca spiriti hyang benevoli e in cui i ballerini entrano in uno stato di trance durante lo spettacolo.
Le danze semi-sacre, dette Bebali, spesso accompagnano il teatro e i rituali, utilizzando anche maschere, offrendo omaggio agli spiriti e agli esseri umani.
Infine, le danze più da intrattenimento, chiamate Balih-balihan, nate per la corte e successivamente anche per il turismo, ma sempre legate all’estetica e alla tradizione, come la danza Legong.
A Bali esistono anche altre forme di danza, accompagnate da narratori o eseguite in gruppo. Queste danze raccontano storie tratte da testi antichi, o di re e guerrieri.

Sanggar, le officine del sacro a Bali
A Bali, le scuole di danza tradizionale si chiamano sanggar (o sanggar seni), che significa letteralmente “studio d’arte”. Sono spazi comunitari dove si pratica, si tramanda e si insegna arte tradizionale, danza, musica gamelan, teatro delle ombre e altre forme artistiche balinesi.
Sono i custodi del retaggio culturale balinese, ed ogni sanggar ha spesso una propria specializzazione, stile e lignaggio artistico, a volte legate a famiglie di artisti o a templi.
Si può dire che siano un tipo di scuola d’arte tradizionale, ma spesso più informale, intergenerazionale, e molto legata alla vita spirituale e comunitaria del villaggio.
A Bali, apprendere l’arte non è solo esercizio estetico: è un atto di devozione, un modo per servire la comunità e il divino. Le sanggar sono, in fondo, le “officine” dove si forgiano le offerte viventi: il corpo, il suono, il gesto sacro.
Gli insegnanti delle sanggar, spesso chiamati guru o dalang (nel caso del teatro), sono molto più che semplici maestri tecnici. Sono depositari di una conoscenza profonda, culturale e spirituale, che trasmettono con dedizione ai loro allievi, seguendoli nella crescita artistica e personale. Spesso il loro legame con gli studenti è intenso e duraturo, basato su rispetto e fiducia reciproca.
Le sanggar non sono solo scuole per spettacoli, ma centri vitali di formazione per rituali e cerimonie sacre, fondamentali per mantenere vivo il tessuto spirituale e sociale delle comunità balinesi.
In molti casi l’insegnamento è un impegno a vita, tramandato di generazione in generazione, con un forte senso di responsabilità verso la conservazione e il rinnovamento della tradizione.
Oggi, le sanggar svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere viva questa tradizione, adattandosi ai tempi moderni senza perdere la loro essenza. Sono luoghi di incontro, crescita e resilienza culturale, dove ogni generazione ritrova il proprio legame con il sacro e con la comunità, mantenendo intatto il filo che unisce passato e presente, proiettandosi verso un futuro di continuità e rinnovamento.

Le seguenti fotografie sono mostrate esclusivamente a scopo documentario e illustrativo. Non sono in vendita e le persone ritratte non hanno firmato una liberatoria per l’utilizzo della loro immagine.
Le immagini seguenti sono state scattate presso il Sanggar Tari Agung Semara Dwipa. L'insegnante che guida l'istruzione è A. A. Alit Winata, S.Sn (Sarjana Seni, Laurea in Belle Arti).
Tradizione e danza Una ragazza adolescente si allena nella danza balinese presso una scuola di quartiere. La danza fa parte di un percorso che inizia da piccoli e accompagna la crescita, intrecciando musica, tradizione e religione balinese.

Scolpire un gesto dalla memoria Ogni movimento delle mani è un frammento di una storia più grande. La danzatrice impara non solo la tecnica, ma anche a dare vita alla memoria e al mito attraverso il corpo.

Imparare la grazia nel silenzio Nel silenzio della sala di allenamento, una giovane danzatrice si concentra sull’equilibrio delicato tra postura e respiro. Disciplina e bellezza si imparano in silenzio, passo dopo passo.
Le sacre origini della Legong

La Legong è una delle forme più raffinate della danza tradizionale balinese, nota per la sua grazia estrema, la precisione dei movimenti e la profonda simbologia. La parola "Legong" nasce dall’unione di "leg" (danza) e "gong" (il principale strumento del gamelan, l’orchestra balinese), e significa quindi letteralmente "danza del gamelan".
Il termine "legong" richiama anche l’idea di un movimento fluido e armonioso, simile a quello delle ninfee mosse dal vento o dalla corrente.
Il repertorio della Legong trae spunto dal Ramayana, uno dei grandi poemi epici dell’antica India, che narra la storia di Rama, principe virtuoso, e della sua lotta per salvare sua moglie Sita dal demone Ravana.
Oggi la Legong è conosciuta soprattutto come danza da intrattenimento, ma le sue radici sono molto più profonde e spirituali di quanto spesso si pensi. Originariamente era una danza wali, cioè un rituale sacro.
Si crede che la Legong abbia un’origine simile a quella della Sanghyang Dedari, in cui una divinità benefica prende possesso delle danzatrici bambine, mandandole in trance.
Questa credenza è supportata dall’esistenza di una Legong chiamata Legong Topeng Sangyang, una danza wali eseguita da bambine che indossano una maschera. Si pensa inoltre che queste danzatrici incarnino ninfe celesti o spiriti dell’acqua, simili alle Apsara cambogiane.
Nel tempo sono arrivate diverse versioni di Legong, tra cui la Legong Keraton.
Legong Keraton – dalle acque sacre al palazzo
Si racconta che questa danza sia nata da una visione mistica o da un sogno ispirato dal suono del gamelan, come molte altre danze sacre balinesi. Inizialmente eseguita nei templi, celebrava il contatto tra il mondo umano e quello divino.
Nel corso del XIX secolo, con l’ascesa dei regni balinesi e la crescente raffinatezza delle corti, la Legong fu assorbita dal mondo aristocratico, trasformandosi nella Legong Keraton, cioè la Legong del Palazzo.
Pur perdendo parte della sua funzione rituale, mantenne l’eleganza e la sacralità nei gesti, nel trucco e nei costumi. Oggi è considerata una Balih-balihan, una danza da intrattenimento.
La Legong Keraton racconta una leggenda della tradizione balinese: la storia del Re Lasem, che rapisce una principessa, Rangkesari, e viene avvisato da un corvo che morirà in battaglia.
La danza è accompagnata dal gamelan Semar Pegulingan, uno stile dolce e fluido di gamelan usato anticamente per accompagnare i sogni e il riposo dei nobili.
La Legong Keraton è tradizionalmente eseguita da tre giovani danzatrici pre-adolescenti, che interpretano ruoli specifici: la protagonista principale, chiamata Legong, e le due assistenti, Condong e Panasar.
La Condong, che è una danza a sé stante, viene eseguita prima della Legong come danza di apertura e poi ritorna alla fine per chiudere la performance. La Condong ha un proprio significato rituale e narrativo ed è spesso rappresentata come uno spirito o un servitore.
La Panasar accompagna e supporta la Legong con movimenti più aggraziati.
Ogni ballerina indossa costumi ricchi di colori vivaci e dettagli raffinati; l’oro simboleggia sacralità e nobiltà, mentre il verde rappresenta la vita e la natura.
Ogni gesto, espressione del volto — soprattutto delle dita, degli occhi, delle sopracciglia e dell’inclinazione della testa — ha un significato preciso. La danza è talmente rigorosa che le bambine devono lasciare il ruolo una volta raggiunta la pubertà.
Spesso si dice che la Legong rappresenti l’apice della bellezza, della disciplina e dell’estetica balinese.
Dietro la perfezione dei gesti e la disciplina ferrea, resta intatta la sua origine: la memoria di un gesto sacro che imitava la grazia del divino.
La Legong Keraton non è solo una rappresentazione artistica raffinatissima, ma un rituale che unisce estetica, spiritualità e tradizione, mantenendo viva la connessione con le radici induiste di Bali

Un movimento della danza Legong 
Originariamente sacra, la Legong Keraton è definita dai suoi intricati gesti delle mani, i passi precisi e le posture espressive. Qui, la danzatrice diventa un filo vivo in un arazzo di mito e devozione.
L’offerta di sé In ogni movimento, 
la danzatrice offre più della forma: offre presenza, silenzio e intenzione.
Danzatrice: Sang Ayu Made Arimas Putri, 17 anni. 
Fotografia con liberatoria firmata.
Un momento di grazia silenziosa mentre la danzatrice si inginocchia 
Il suo corpo è sospeso nella riverenza verso la ricca tradizione della Legong Keraton. In questa postura umile, il passato e il presente si incontrano attraverso il movimento e la devozione.
Un primo piano rivela il delicato dispiegarsi delle sue mani 
Ogni dito racconta storie di bellezza raffinata e rituali secolari. Questi gesti portano con sé l’eredità di una danza che unisce storia e arte.
Danzatrice: Dewa Ayu Nyoman Oka Sulastri, 18 anni. 
Fotografia con liberatoria firmata.
Oleg Tamullingan
Il corteggiamento della danza
L'Oleg Tamulilingan è una danza tradizionale balinese, classificata come Balih-balihan, cioè una danza da intrattenimento.
È una danza sensuale, un vero e proprio passo a due in cui i due danzatori, con movimenti aggraziati e leggeri, simboleggiano il volo delle farfalle che si avvicinano, si inseguono e si sfiorano in un balletto fluido e delicato.
Il danzatore maschile, civettuolo e insistente, insegue la femmina di fiore in fiore. Anche se inizialmente la danzatrice non accetta la corte, alla fine cede e comincia a danzare con lui, rappresentando così l’interazione armoniosa e delicata tra maschile e femminile. La danza trasmette il messaggio che "entrambi i sessi hanno naturalmente bisogno l’uno dell’altro".
I costumi sono distinti: la danzatrice indossa il prada, un tessuto tradizionale ricoperto di vernice dorata, e una lunga sciarpa che usa come ali; sulla testa porta un mazzo di fiori.
Il danzatore maschile indossa un tessuto simile, disposto in modo differente, che si piega elegantemente dietro di lui. Sulla testa porta un odè, il tradizionale cappello balinese, e tiene in mano un ventaglio.
A volte il ruolo della farfalla maschile può essere interpretato anche da una danzatrice.

A braccia aperte, la danzatrice rivela le ali di farfalla del costume dell’Oleg un simbolo di trasformazione e grazia nella tradizione balinese.
Un passo danzato, eseguito da terra, 
scandisce il ritmo e unisce terra e spirito in un flusso armonioso.
In una posa composta, vicina al suolo, quasi inginocchiata, 
la danzatrice racconta con le mani storie complesse
Danzatrice: Sang Ayu Made Arimas Putri, 17 anni. 
Fotografia con liberatoria firmata
Una danzatrice interpreta il ruolo maschile, 
le sue mani e il ventaglio intrecciano l’eleganza e la forza del personaggio nell’Oleg.
Un duetto di danzatrici si muove in armonia, 
gli sguardi intrecciati in un dialogo silenzioso, esprimono l’equilibrio tra connessione e individualità.
Danzatrice: Dewa Ayu Nyoman Oka Sulastri, 18 anni.
Danzatrice: Sang Ayu Made Arimas Putri, 17 anni. 
Fotografie con liberatorie firmate.

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